Intervista a “OFFICINA FORTUNA”, Studio di Architettura

Riflessioni
con Arch. Giulia Ferro
e Arch. Federico Ottogalli

01. Come inizia un progetto? Da un’idea o dallo spazio?
Dipende, in genere l’idea nasce dalle suggestioni che lo spazio esistente crea, a volte invece siamo così fortunati da cercare di creare lo spazio che contenga l’idea. Sicuramente nasce dal rapporto con il committente. Ci è sempre difficile progettare in astratto senza un’idea di referente finale. Alla fine crediamo che il nostro lavoro sia molto simile a quello di uno sceneggiatore. Ci viene chiesto di raccontare una storia che in genere è la storia della vita di una famiglia, di una coppia, di una comunità, nel caso degli alberghi. Quando non abbiamo già un committente finale a cui rivolgerci ci immaginiamo dei personaggi che ci sembrano possano rappresentare l’ipotetico utilizzatore. Ci piace entrare in questi aspetti psicologici perché ci dà la forza per trovare la strada giusta più velocemente, per sfruttare appieno tutte le potenzialità sia del committente che dello spazio.

02. Design con stili diversi.
Come armonizzare l’amore per i pezzi unici creando un filo conduttore?
Il valore giusto sta proprio nell’amore per l’oggetto che troviamo sia cosa completamente differente dal collezionismo. Il rapporto non c’è solo tra persone ma anche con gli oggetti. E’ indiscutibile che l’emozione che ti dà un’oggetto ben disegnato è del tutto simile a quella che ti da un opera d’arte. Cercare di mettere insieme le passioni di una vita o gli ideali alle volte rappresentati dagli status symbol dei famosi pezzi iconici fa parte del racconto architettonico a cui noi crediamo molto. Nel nostro lavoro c’è raramente giusto o sbagliato, brutto o bello, c’è più facilmente funzionale. Funzionale all’uso, al racconto, al budget. Spesso infatti dire è bello è limitativo ma ‘’funziona!’’ corrisponde di più all’attività progettuale.
Ci piace molto pensare che lo “stile” non sia il nostro, quello degli architetti, ma sia quello dei committenti tradotto dagli architetti. Esaltare la propria personalità è gratificante per tutti, vivere in un luogo in cui questo avviene crediamo sia una delle chiavi per stare bene.

03. L’architettura: dove stiamo andando?
Veramente non so dove stiamo andando. So dove andiamo. Noi cerchiamo di essere sempre il più possibile aggiornati per essere sicuri di poter dare il meglio al cliente, ma non basta per avere delle linee guida. Noi e i nostri colleghi che più stimiamo sicuramente andiamo verso la strada dell’autenticità. In un panorama dove tutto è possibile, dove i limiti si possono sempre superare l’unica ancora di salvezza è l’unicità del proprio pensiero, della propria visione.

04. Il progetto degli interni: meglio openspace o spazi individuali?
Domanda difficile in questo momento di smart working e di convivenze forzate. Come sempre dipende da caso a caso, da committente a committente. Con il tempo però si affina una sensibilità professionale per cui capisci subito se chi hai di fronte cerca una tana o un palcoscenico, un ring o una vetrina.